mercoledì 10 luglio 2019

Buon anniversario, Seveso

Operazioni di stoccaggio dei rifiuti tossici
(click per ingrandire)

Esattamente 43 anni fa, alle 12:37 del 10 luglio 1976, un'avaria all'impianto di raffreddamento del reattore chimico destinato alla produzione di triclorofenolo dell'ICMESA (gruppo Roche) di Meda, in Brianza, diede origine ad una fuga di 2,3,7,8-tetraclorodibenzo-p-diossina (TCDD), composto altamente tossico rubricato in classe 1 secondo i criteri di cancerogenità stabiliti dallo IARC. Per evitare l'esplosione del reattore vennero aperte le valvole di sicurezza causando lo sviluppo di una nube tossica che venne trasportata dal vento in una vasta area ricadente per la gran parte nel comune di Seveso. Il magazine Time nel 2010 classificò l'incidente tra gli otto peggiori disastri ambientali di sempre.

La catastrofe non provocò vittime dirette (almeno non nell'immediato) ma diversi scienziati paventarono un significativo aumento dei casi di tumore nelle aree investite dalla nube tossica; fortunatamente, l'allarme si rivelò eccessivo, infatti dal monitoraggio effettuato negli anni successivi non vi fu alcun aumento sostanziale delle morti per tumore tenendo naturalmente conto dei progressi dell'oncologia. Altri studi, come Change in sex ratio with exposure to dioxin e Paternal concentrations of dioxin and sex ratio of offspring, entrambi pubblicati dalla rivista Lancet (principale autore fu il Prof. Paolo Mocarelli dell'Ospedale di Desio) rispettivamente nel 1996 e nel 2000, evidenziarono un significativo aumento di nascite di femmine piuttosto che di maschi. In particolare nel secondo dei due studi citati furono registrati casi di problematiche legate allo sviluppo fisico e cognitivo in età prepuberale.
In seguito al timore di conseguenze sulla salute dei nascituri fu inoltre adottato un provvedimento ministeriale straordinario che autorizzava l'interruzione della gravidanza (la L. 194 sarebbe nata solo due anni più tardi, il 22 maggio 1978) alle gestanti investite dalla nube di diossina che ne avessero fatto richiesta.
(click per ingrandire)
Le operazioni di decontaminazione furono estremamente complesse e richiesero la completa rimozione dello strato superficiale del terreno; furono realizzate due gigantesche vasche di contenimento, una di 80mila m³ in territorio di Meda e una di 200mila m³ in quello di Seveso per stoccare qualsiasi cosa fosse stata contaminata, dal terreno fino alle macchine operatrici che intervennero nelle operazioni di bonifica. Furono individuate tre zone (la A, suddivisa in sette sotto-zone, con divieto assoluto d'accesso per chiunque, la B, con un grado di contaminazione inferiore e la zona R, considerata area di rispetto). Nella zona maggiormente contaminata 41 abitazioni furono abbattute e in totale furono sfollate 676 persone che trovarono ospitalità in due alberghi del Milanese e poterono tornare alle loro abitazioni a bonifica ultimata.
L'incidente di Seveso tracciò le linee guida per le direttive europee in materia di prevenzione e gestione dei disastri ambientali nelle lavorazioni industriali, la 82/501/CEE e la 2012/18/EU le quali, non a caso, assunsero rispettivamente il nome di "Seveso I" e "Seveso II".

Nessun commento:

Posta un commento